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Poesie da asporto, monodose, di un verso o due. Motti, aforismi, schizzi, acutezze, urli, sentenze appena lievitate. Haiku fermi alle canoniche diciassette sillabe. Taccuini di un solo foglio. Titoli più lunghi del testo, come l'arduo trattatello Guida all'uso delle religioni: tempo di lettura, tre secondi. Cosa unisce tra loro questi jingle lessicali, queste gocce di rosolio fatto in casa? Secondo me li unisce la teoria dei quanti. Il quanto, in fisica, è il valore minimo di una grandezza. Merito dei fotoni mediatori, per esempio, se i nostri occhi scoprono ogni giorno una galleria di profili e colori nuovi. Quella minima entità, il fotone, indirizza il nostro sguardo, addita l'orizzonte. Così in poesia. Parti da un pensiero, cento se ne schiudono. Sottintesi o no. Da particella elementare a concatenazione. Una poesia-lampo, presa per il verso giusto, diventa un fuoco d'artificio per la festa dei bambini. A contatto con l'aria, zitta zitta, ti scoppia sotto il naso come bolla di sapone. A volte trovi cose che non troveresti in un poemetto o in un poemone. Questo è quanto.