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La prima volta che incontrammo Nino, aveva trent'anni e ci voleva riempire di botte. Accadde un paio di mesi prima di partire per il Brasile. Noi suonavamo in Piazza Sant'Anna e decidemmo di suonare anche un paio di canzoni nuove, per testarle in pubblico. Tra queste, suonammo anche "Brucerò la Vucciria", sebbene il pubblico accolse l'esecuzione con grandi applausi, il vero responso arrivò qualche minuto dopo, e ci attendeva sotto il palco. Era Nino. Scuro in volto, ci fissava dalla scaletta d'uscita del palco. Finito il concerto ci trovammo faccia a faccia. Nino: "Mi hanno detto che avete cantato che volete bruciare la Vucciria. Io sugnu ra Vucciria da otto generazioni. Ma chi discursi su?! Tu di che quartiere sei?". Settimo: "Resuttana". Nino: "E allora ti piacissi se io ora urlo a tutta la piazza che dobbiamo bruciare Resuttana?!" Passammo circa mezz'ora sotto il palco tra spintoni e insulti prima di trovare le parole giuste per spiegare cosa volevamo dire con quella canzone. E cioè che quel brano è un atto d'amore verso la Vucciria. La storia è quella del pianista "vucciriota" che con la sua musica incendierà gli animi degli abitanti del proprio quartiere. E la sua musica nasce dalle sue radici, dalla sua gente, dalle sue strade, dal suo quartiere che deve difendere da chi vorrebbe cambiargli volto. E il pianista è Nino. Egli incarna esattamente questo spirito. Ha atteso pazientemente quasi un'ora per battersi contro sei persone pur di difendere il proprio quartiere.