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L'intenzione dell'autore è stata quella di piegare la "Storia" conosciuta alle esigenze della fantasia romanzesca, di creare emozioni e magie dentro l'invenzione scenica di una Sicilia rinascimentale. L'intreccio narrativo si riferisce alle vite di due librai, insieme tipografi ed editori, i Mayda, realmente esistiti e vissuti in uno spazio ideale o città simbolica del Cinquecento. Sullo sfondo compaiono i grandi personaggi politici, militari e religiosi che hanno interagito con la Sicilia, fortezza triangolare per conservare il dominio del Mediterraneo, investita da progetti di guerra e difesa contro gli Ottomani, isola oggetto dell'affermazione prepotente del primato vescovile e del potere conflittuale dell'Inquisizione. Il disegno che traspare in filigrana nelle pagine del racconto è costituito anche da un'indagine storiografica sulla scienza isolana nel Cinquecento, apparentemente lontana dalla "nuova scienza" del mondo moderno, per la quale la diffusione della stampa ebbe la funzione di rovesciare schemi conoscitivi sulla natura e sull'uomo rispetto al sapere medioevale.