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"Vago, cieco, sospeso in quest'immenso scuro e uniforme che mi circonda. Prigioniero del buio, mi rifugio nel vuoto, seguendo d'istinto un minimo contrasto di luce. Il giorno e la notte sono uguali l'uno coi suoi miraggi abbaglianti, l'altra coi riflessi ingannatori: esiste solo il caso. Schivo pericoli che non capisco, stento a stare in piedi su questo suolo senza fondo. A che serve navigare in quest'abisso scuro e uniforme che rende tutto uguale?" (da Popeye s.r.l. 2007). Il poetico addio finale scritto da Gianfranco Berardi per Popeye esprime il costante rovello che anima la scrittura dell'autore, teso a tradurre in parola il mistero della vita da sempre inseguito nel suo teatro.