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L'esperienza dell'annullamento mentale e fisico dell'autrice la spinge nel suo testo a una profonda autoanalisi realizzata appunto nel tentare sia un recupero di soggettività critica sia un barlume di lucidità nello studio degli eventi eccezionali vissuti durante una eccezionale esperienza. La setta in questione è quella del torinese Padre Cappelletto gesuita che, attraverso rapporti personali legati dal giuramento, mette in atto abusi di ogni genere arrivando addirittura al ricovero coatto degli adepti recalcitranti in reparti di neuropsichiatria: Luisa Rinaldi fuggita a tanto orrore con una serie di riflessioni e flashback si riappropria della sua essenza e della sua vita appannata.