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La figura di Robert Louis Stevenson sembra racchiudere un'intera epoca, un tardo Ottocento in cui il sole, stanco di Impero, declina nelle province più lontane, mentre gli uomini del vecchio mondo, in preda a un'operosità impazzita, si saziano di nuove scoperte. Eppure la personalità dello scrittore scozzese rimane sfuggente, le sue scelte di vita, così ben documentate, continuano a sorprendere. Con questo romanzo Alex Capus si inserisce nella tradizione dei ricercatori dell'arcipelago Stevenson: insegue lo scrittore partendo dagli anni scozzesi, segnati da una salute già precaria e da un rapporto difficile con la famiglia - rinomati costruttori di fari -, per arrivare in Francia e a San Francisco, dove Louis trascorse lunghe settimane nella zona del porto nella speranza che Fanny, una donna di tipo nuovo, indipendente, di undici anni più anziana di lui, divorziasse dal marito. Quando ciò avvenne, Louis, Fanny e i figli di lei partirono alla volta di Samoa, nei Mari del Sud, forse il luogo climaticamente meno indicato per un tubercolotico come Stevenson, e da cui, stando alle lettere, era sempre sul punto di andarsene. Rimanendovi invece fino alla morte.