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Ci sono vocaboli che piacciono molto agli scrittori di razza. Non perché s'innamorano delle cose strane o dei termini ricercati, ma perché sentono - con una percezione quasi fisica - che in quelle parole si celano secoli e millenni di esperienza umana. Ma accade che le parole, quelle più dense di significato, scompaiano dalla scena pubblica, dal linguaggio comune, ed entrino in una sfera per palati sensibili al sapore intenso che spesso hanno queste parole. Per esempio: Ipotiposi. Questo libro di Mario Porro è un omaggio a Carlo Emilio Gadda che dell'ipotiposi ha fatto un emblema del suo stile. Un pensare per immagini che Italo Calvino chiamò "dubitosa sapienza". E non ha spazio solo in letteratura l'ipotiposi ma anche nella scienza e la filosofia... Una serie di saggi anticipati sulla rivista "Doppiozero" trovano in questo libro la loro naturale coronazione. La figura retorica dell'ipotiposi consiste nel rappresentare in modo vivido e immediato un oggetto, un gesto o una situazione: la forza plastica della descrizione ri sveglia nell'animo di chi ascolta visiones, phantasiae, rende presente agli occhi quel che la parola esprime, quasi mettendolo in scena. I capitoli del libro costituiscono una sorta di vagabondaggio fra le metafore che si rincorrono nella storia del pensiero. Il libro è l'esito di scorribande nella storia delle scienze naturali ed umane, fra le pagine della letteratura e nelle arti figurative. Seguendo l'invito alla filosofia di Michel Serres: praticare l'erranza fra i saperi, percorrere gli spazi dove transita Ermes, dio degli incroci e delle ibridazioni. Le ipotiposi qui schizzate - la rete e la nuvola, l'acqua e l'ombra, il mare e la foresta - sono le cose stesse a cui dobbiamo tornare per cercare di comprendere quell'oggetto-soggetto che è il mondo.