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Questo libro si presenta come resoconto autobiografico, ma non vuole essere un libro di "memorie": racconta invece una grande avventura di libertà. Adottando uno stile rapido e ironico, a tratti sarcastico, narra gli eventi e le figure storiche del suo tempo con l'occhio del testimone, talvolta in aperto contrasto con la storiografia ufficiale, come quando affronta la questione dolorosa del collaborazionismo verso il regime comunista. Ivan nasce in una nota famiglia praghese - il padre, il generale Rudolf Medek, era un famoso legionario, poeta e scrittore; il fratello, Mikulás, è stato uno dei più importanti pittori cechi del '900. Il nonno materno, Antonín Slavícek, è un esponente dell'impressionismo ceco, mentre il presidente Masaryk, uno dei fondatori della Cecoslovacchia, era suo bisnonno "adottivo". Il libro ripercorre l'infanzia e l'adolescenza di Medek a Praga, la passione per la musica, i primi approcci col mondo giornalistico, l'esperienza della guerra e l'insurrezione di Praga nel maggio 1945, l'incontro coi sacerdoti dissidenti e la conversione al cattolicesimo, le violenze del regime, la persecuzione politica dopo aver firmato "Charta 77", che lo spinsero all'esilio a Vienna. Le pagine finali raccontano la collaborazione col presidente Havel, che firma il saggio-postfazione: una intensa testimonianza sul ruolo dei dissidenti e sulla spiritualità dell'impegno politico.