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Nel momento cruciale che vive l'Europa, divisa tra egoismi nazionali e solidarietà comunitaria, tra espulsione di immigrati per motivi economici e accoglienza di rifugiati politici, tra rifiuto dello straniero e apertura all'altro, un volume sui riflessi letterari dell'esperienza migratoria va oltre la routine accademica. Da sempre la letteratura si nutre dell'esperienza di esiliati, deportati, migranti, profughi, persone che vivono e descrivono il passaggio delle frontiere come causa di una profonda trasformazione nelle loro vite e che in molti casi genera un vero e proprio sradicamento identitario e culturale. Uno dei primi gesti del soggetto, la cui esistenza è stravolta da un allontanamento forzato o inevitabile dal famigliare - ovvero l'istinto dell'essere umano ansioso di ricostruirsi un'identità abitabile -, è infatti spesso quello del raccontare, a voce o scrivendo, il proprio passato (felice o infelice) nel paese d'origine, il viaggio, l'arrivo e l'accoglienza, la quotidianità, le relazioni sociali e quant'altro. Il volume prende in considerazione non solo l'opera letteraria o artistica conclusa e riconosciuta in quanto tale, ma tutto ciò che, diventando espressione della propria individualità, aiuta i soggetti sradicati a ricomporsi, ritrovarsi, e ridefinirsi nella nuova realtà. Fondamentale è allora considerare i contesti di ascolto e ricezione in cui si muovono i racconti autobiografici di persone che vivono o hanno vissuto esperienze di migrazione, esilio, deportazione.