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Quali sono le caratteristiche dell'antica traduzione in siriaco, detta Peshitta, al secondo libro di Samuele? In che termini, e con che attenzioni, si può confrontare una traduzione con il testo originario? A partire da questi interrogativi si snoda il presente lavoro, che confronta il testo siriaco con l'ebraico, mettendo in luce quei passi in cui il siriaco prende le distanze dall'ebraico. Le differenze sono state inserite in varie categorie: plus, minus, differente Vorlage, differente vocalizzazione, errori nel corso della traduzione o della trasmissione del testo, armonizzazioni, assimilazioni, parallelismi, correzioni di tipo logico, ecc. Rispetto ad altri lavori di questo tipo, tuttavia, non ci si è fermati al compilare degli elenchi di varianti, ma ci si è sempre chiesti quali sono gli effetti globali che tali varianti procurano alla narrazione. È questa la direzione che dovrebbe prendere ora lo studio delle antiche versioni della Bibbia. Se è vero che la ricerca delle varianti ha a che fare con il frammento, e che il lavoro esegetico prevede un'attenzione al dettaglio che è propria di ogni detective, è anche vero che la rilettura della traduzione siriaca alla luce di tali varianti permette di recuperare uno sguardo d'insieme sulla "nuova" narrazione di 2 Samuele come ci è consegnata dalla Peshitta. I risultati più significativi che sono emersi riguardano una rilettura in siriaco della figura di Davide e della figura di Dio.