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Marco Petreschi, un "architetto romano", come suggeriscono argutamente Joseph Rykwert, Giorgio Muratore e Renato De Fusco all'interno del libro, ovvero un autore che indipendentemente dalle mode stilistiche che hanno attraversato l'Italia negli ultimi decenni ha ossessivamente seguito una strada indipendente: ironica verso l'attualità e il suo potere, fisica nel rapporto affettuoso con i materiali e le tecniche per dominarli, comandata dal disegno come controllo completo ed estetico dello spazio, mai indifferente alla storia ma attenta a costruire una giusta distanza da questa. Nella sua carriera trentennale Petreschi ha lavorato sulle diverse occasioni professionali come pratica sperimentale silenziosa e laterale, senza ricerca d'effetti ma puntando sulla densità fisica dello spazio, dei suoi dettagli e di un racconto dell'architettura come scoperta ricca delle storie che l'hanno preceduto. Questo libro attraversa questa lunga esperienza alternando progetti e testi di critici e amici architetti; i diversi salti di scala, dagli interni domestici passando per i tanti edifici pubblici dedicati alla cultura e al sacro, fino ad arrivare al disegno per l'altare del raduno di massa del Giubileo 2000, sembrano seguire un filo unico, quasi testardo, in cui provare a costruire una terza via tra la modernità e il respiro della storia e delle materie che l'hanno sempre costruita.