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Quale sia l'origine del portentoso talento grafico di Andrea Pazienza è materia di dibattito. C'è chi pensa che avere un padre pittore e sopraffino acquerellista gli abbia permesso di guadagnarsi subito la cintura nera per osmosi, c'è chi imputa alla frequentazione dei più grandi talenti della sua generazione e suoi sodali di Frigidaire il definitivo sbocciare, e poi c'è quello che ha detto e disegnato Pazienza in persona: Madre Natura l'ha toccato lì, unto nel punto in cui alberga la capacità umana di scomporre ciò che esiste nelle sue linee essenziali e strutturali, per poi poterlo rappresentare. L'esordio è da enfant prodige, a ventuno anni, con Pentothal sulle pagine di Alter alter. Con le storie di Zanardi, il liceale dal naso a becco, dà forma e sostanza al cinismo degli anni Ottanta. Atroce e struggente è la discesa negli inferi dell'eroina di Pompeo, un poema lirico per immagini. Intorno a loro un fiorire di storie memorabili, un campionario di segni esplosivi e materiali narrativi multiformi, di personaggi capaci di eroismi imprevedibili e cosmiche disfatte. La scomparsa prematura nel 1988, a soli trentadue anni, non ha smesso di alimentare la fama del più rivoluzionario fumettista del nostro Paese. Accrescendo la consapevolezza che l'unico tempo verbale che si addice ad Andrea Pazienza è il presente infinito del capolavoro.