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Amarlo, con generosità, e insieme contraddirlo, con forza. Affrancarsi dal suo mito per riscoprire la reale sostanza della sua opera di geniale bricoleur e inesausto pedagogo. Nel modo in cui tenne la scena pubblica, riconoscere un disperato tentativo di riaffermare il valore civile dell'arte, e della letteratura in specie, ma anche una forma di equivoca, e ancora eversiva, complicità con quel sistema dell'industria culturale che ormai non sembra più permettere a un intellettuale, a uno scrittore, margine di autonomia alcuno. Usarlo, e infine superarlo. A distanza di decenni dalla sua morte, è sempre questo che, con Pasolini, siamo chiamati ambiguamente a fare.