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La storia di un critico dello spettacolo, Matteo Micciché, musicista fallito, si intreccia a quella di un paesino siciliano degli anni Settanta. Seguendo le sue vicissitudini ci si addentra in un piccolo, fascinoso mondo di falsità, furbizie e popolana saggezza, passioni, potere e viltà. Ne scaturisce la gustosa rappresentazione di una certa Sicilia, metafora dell'Italia di ieri e di oggi. Pecche e virtù, speranze e disillusioni si mischiano in un caleidoscopio che restituisce, ogni volta, un nuovo fantasioso disegno, a tratti comico, a tratti tragico, a tratti poetico. Il muro di un teatro, muto testimone della comunità, diventa audace strumento di comunicazione collettiva mentre la musica, con la sua magia, sembra insinuarsi tra le pagine, quasi a diventare colonna sonora della sonnacchiosa quotidianità di questo paese in cui, malgrado inevitabili cambiamenti, ogni cosa sembra condannata a rimanere, nella sostanza, uguale a sé stessa.