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Lo zoo di Torino come metafora per raccontare la città. Da quasi vent'anni lo zoo è chiuso, ma il bestiario torinese continua a fare mostra di sé. Impietosamente Babando descrive la cupola sabauda, che a ben vedere non è un'entità unica, ma piuttosto una rete di relazioni opache tra maggiorenti politici, economici, universitari e quel che resta della Grande Famiglia, in una sorta di tappo che ha impedito la modernizzazione. Salotti polverosi, circoli incartapecoriti, associazioni più o meno scoperte, e consigli di amministrazione, di società pubbliche o parapubbliche, si pongono un unico obiettivo: resistere ad oltranza. Malgrado numerosi spunti di orgoglio subalpino e l'interessante affresco dedicato agli eretici, uomini di grande talento ma fieramente marginali, emerge una città stanca, e soprattutto sembra incredibile per la storia di Torino - assistita. Tra "figli di" e raccomandati la capitale sabauda ha smarrito la propria identità: bella senz'anima, olimpica ma rassegnata alla sconfitta. Dov'è la borghesia? Ha disertato, trasformando in una caricatura le sue ambizioni di governo. Più che un romanzo di Thomas Mann pare un reality show. L'ennesimo.