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La traduzione della Bibbia di Martin Buber e Franz Rosenzweig è il culmine della simbiosi ebraico-tedesca e un punto di arrivo del Rinascimento ebraico in Germania. Il libro ricostruisce i percorsi intellettuali e i diversi contributi dei due filosofi alla nuova identità ebraica post-assimilatoria, e descrive l'intreccio del loro lavoro nella traduzione della Scrittura. L'analisi mette in luce l'affinità, e spesso la paradossale coincidenza, del linguaggio scelto per la traduzione con il lessico - non le idee - del movimento völkisch tedesco che, com'è noto, ha radici nel nazionalismo romantico e si spinge fino al pensiero di destra dei primi decenni del Novecento, dove convergono Wagner, George e la lettura in chiave irrazionalista degli scritti di Nietzsche. Alcuni tra i più significativi intellettuali ebrei tedeschi degli anni Venti colsero immediatamente gli aspetti contraddittori della nuova traduzione. Il libro documenta gli interventi polemici di Kracauer, Scholem e Benjamin e mette in evidenza i problemi suscitati dalla traduzione di Buber e Rosenzweig analizzando una scelta di passi della Genesi e dell'Esodo e le loro diverse rese in tedesco, da Lutero a Mendelssohn.