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Interpretare uno spettacolo tecnologico (di prosa, di danza, di lirica) significa collocarlo nella giusta cornice temporale, nel contesto di fruizione per cui è stato pensato e comprendere le potenzialità, le tematiche e le ragioni drammaturgiche dell'uso di una specifica tecnologia. In questo libro le creazioni teatrali sono lette attraverso le teorie di Lev Manovich, Jay David Bolter, Richard Grusin e Henry Jenkins sulla "cultura convergente", la "cultura del software" e la tendenza alla "remediation", cioè al riutilizzo delle vecchie tecnologie. Dopo un breve sguardo al videoteatro degli anni Ottanta e al teatro digitale degli anni Novanta, ci si concentra sul periodo che va dalle prime coreografie interattive con uso di motion capture alle ultime sperimentazioni con sistemi di Intelligenza Artificiale. Il libro è arricchito inoltre da interventi di studiosi italiani che illustrano i nuovi formati digitali e le tecnologie di riferimento, nonché da una sezione di schede delle opere tecnoteatrali più significative.