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Dopo un dottorato in materie umanistiche, e con un passato da attivista politica alle spalle, Ellen Ullman si ritrova nella mitica Silicon Valley quasi per caso: all'inizio degli anni Ottanta un periodo di crisi del sistema accademico statunitense la spinge a cercare un lavoro temporaneo dove è più facile trovarlo, e cioè in quel settore tecnologico che, nella California del Nord, sta facendo da incunabolo alla rivoluzione digitale. Programmatrice della primissima ora, doppiamente outsider in quanto donna e ultratrentenne, la Ullman racconta il fascino e le insidie legati al trovarsi «accanto alla macchina»: l'irresistibile attrazione esercitata da un lavoro neutro e razionale, tutto numeri e codici, e il rischio di dimenticarne la destinazione e la finalità ultima, che tocca sempre e inevitabilmente altri esseri umani, e spesso proprio i più indifesi e i meno preparati a fare i conti con il trionfo di un'economia immateriale. Scritto nel 1997, quando l'era digitale era ancora alle porte, «Accanto alla macchina» è insieme saggio critico, riflessione personale e memoir, e conserva ancora oggi un'inquietante attualità. Attingendo alla propria esperienza professionale, familiare e sentimentale, Ellen Ullman racconta cosa accade quando, illudendoci di «creare un sistema per i nostri scopi e a nostra immagine», finiamo per proiettare in quel sistema solo la parte di noi «in cui regnano la logica, l'ordine, la chiarezza»: con il rischio concreto che «più tempo passiamo a osservare un'idea ristretta dell'esistenza, più la nostra idea di esistenza si restringe».