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Le persone con autismo, diventando adulte, scompaiono dall'immaginario collettivo e spesso anche dall'attenzione di medici e ricercatori. Perdono «l'identità diagnostica» e «l'identità sociale»; cambiano i loro «interlocutori della cura» e i «contenitori istituzionali» e acquisiscono quella che l'Autore definisce «l'identità invisibile», come espressione di disuguaglianza e di disparità sociale nell'utilizzo di risorse e di servizi, ma soprattutto come espressione di diminuita qualità di vita. Questo libro è una storia di vita, la vita di Gabriele, affetto da autismo, e quella di un genitore, che quelle vite le racconta come un susseguirsi di ostacoli e di sfide. I disagi nella vita del figlio diventano i disagi nella vita del padre, perché entrambi sono (stati lasciati) soli. La società, le istituzioni, le strutture sono punti precari, non offrono appigli... È davvero dura. Il forte senso di solitudine e d'abbandono fa sì che la quotidianità assuma a volte forme talmente logoranti da far perdere il senso dell'appartenenza alla società e la consapevolezza dei propri diritti. Questo racconto - crudo e tenero, tagliente e lucido - fa comprendere appieno la gravosa condizione di vivere e di convivere con la sindrome autistica in individui adulti e denuncia storture, contraddizioni, errori, insensibilità e ingiustizie che quotidianamente si consumano nei confronti di tanti Gabriele e di tanti loro papà.