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Dagli orizzonti filosofici e alchemici in cui si muovevano le sue sillogi precedenti, Giancarlo Giuliani giunge in questa raccolta a un nuovo respiro poetico, che dall'ampiezza sinfonica del poemetto iniziale, attraverso una discesa (umana e stilistica) "ad Inferos", perviene a un canto corale finale, in cui viene celebrata una nuova consapevolezza. È la coscienza che il viaggio non ha mai fine, che le scelte di percorso hanno senso per se stesse, non perché si possa sperare in una mèta pacificatoria. L'inquietudine non ha mèta, e il viaggio è il senso. Ma la consapevolezza della vanità delle cose permette la conoscenza. E la poesia di Giancarlo Giuliani osa raccontarci il viaggio nel labirinto.