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I decenni che traghettano il diciannovesimo verso il ventesimo secolo sono incredibilmente ricchi di fermenti, di idee, di innovazioni teoriche e tecniche. È un momento in cui le prassi e le teorie si affrontano, in cui la tradizione lotta e talvolta dialoga con le iniziative riformatrici, in cui i diversissimi impulsi al cambiamento incrociano le loro strade, e danno vita ad esperienze e riflessioni che lasceranno il segno in tutto il nuovo secolo. Le arti del teatro metaforizzano in maniera esemplare la "dynamis" del periodo, in parte in virtù della loro natura fluida, che vive del rapporto osmotico con altre discipline, in parte per le intensissime relazioni che intercorrono tra artisti, critici, teorici dell'epoca; tale qualità è dovuta, infine, anche all'evoluzione della concezione e della prassi spettacolare dell'attore, del danzatore e delle altre figure che si muovono sulla scena in direzioni che presagiscono la nascita del "performer" secondo-novecentesco. Proprio l'attore - vocabolo qui inteso etimologicamente come "actor", a designare colui o colei che agisce sulla scena in qualsiasi forma - vive sulla sua pelle gli stimoli contraddittori dell'epoca, le spinte centrifughe, le tendenze metamorfiche. Particolarmente suggestiva, quindi, al momento della concezione del convegno di cui ora si propongono gli atti, è parsa l'idea di indagare il vortice di relazioni, anche trasversali, che intercorrono tra attori, danzatori e teorici che della loro arte si siano occupati, per approfondire i rapporti di influenza nel momento in cui iniziano a prendere forma nuove teorie e pratiche, importanti per comprendere il teatro e la danza dell'intero Novecento.