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Accettare che il terreno delle ricerche demoetnoantropologiche non stia nel rinvenimento di una esotica alterità impone cambi di strategie, oltre che revisioni di impianti epistemologici. È possibile allora ripetere che il "campo", sempre più mitizzato da tanti epigoni di grandi maestri, sia invece nella prossimità e all'interno dei mondi circostanti. Ed insieme recuperare la traccia che punta a collocare gli osservatori nel cuore pulsante delle indagini per valutarne il ruolo, in ogni caso produttivo e selettivo. Ma il "qui e ora" della ricerca crea disagi e disorienta, soprattutto quando, nelle regioni dell'Italia centro-meridionale e non solo, si continua a reclamizzare la scoperta degli ultimi fasti della civiltà contadina e dell'immaginario popolare, con il risultato evidente di occultarne le mutazioni e i soggetti mutanti. Questo volume affronta alcune di tali questioni con una modalità ancora legata alla storia italiana della materia demo-antropologica e alla relativa ricerca etnografica, nelle quali si evidenziano alcune reali aperture sovra-nazionali, tante volte dimenticate e vanificate.