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Originariamente collocato nel cortile dell'Ospedale Grande e Nuovo in Palazzo Sclafani, il "Trionfo della morte" - ora custodito nella Galleria di Palazzo Abatellis, a Palermo - è una straordinaria enciclopedia iconografica medievale e moderna, di cui non conosciamo l'autore. Il libro di Michele Cometa è una guida all'interpretazione del tessuto narrativo di questo formidabile affresco. Le molteplici fonti pittoriche e letterarie che ne costituiscono la trama convergono nel tratteggiare - evocando la peste nera che imperversava in Europa da più di un secolo - una sorta di confutazione iconologica del retribuzionismo medievale. Le pene mondane, infatti, non sono qui più riconducibili al peccato, ma si stemperano in una melanconia tutta moderna. Una codificata allegoria medievale finisce per accogliere tonalità dell'animo del tutto impreviste, nuances che solo un'attenta posterità potrà compiutamente decifrare. Lo stupore, lo sdegno, la cura, la compassione, la speranza che affiorano nei gesti congelati dei personaggi del dipinto trovano qui per la prima volta un'espressione che costituirà l'ossatura delle categorie esistenziali moderne, facendo del "Trionfo" un'opera filosoficamente profetica.