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È possibile parlare di Primo Levi come filosofo? Forse è addirittura necessario, in tempi di scontro di civiltà. Ma forse è anche un atto scientificamente dovuto. In Italia, infatti, Levi è confinato al ruolo di testimone della Shoah, mentre all'estero, soprattutto in America, viene studiato e apprezzato nella pienezza della sua complessa figura intellettuale. I saggi raccolti in questo volume si ripropongono appunto di porre rimedio a questa curiosa schizofrenia critica, affrontando un aspetto ancora poco indagato, almeno nel nostro Paese, dell'opera leviana: la riflessione etico-politica, chiamata a contrastare "le riserve di ferocia che giacciono in fondo all'animo umano", e a sostanziare le possibili vie di una salvazione che faccia leva sulla ragione, sulla cultura e sulla memoria. Dalle reazioni all'educazione fascista al riscatto dell'immaginazione, dalla fascinazione per la tecnologia alla rivalutazione del lavoro manuale: ripercorrendo questi snodi, il presente volume si propone di essere un'originale "introduzione all'opera di Primo Levi", tesa a mostrare la ricchezza tematica e la polisemica profondità, non solo dei suoi libri più conosciuti, ma anche delle sue prose minori e delle sue pagine meno lette, e oggi quasi introvabili. Ne esce un ritratto pluridimensionale di un classico della letteratura e del pensiero italiani. Di quel pensiero e di quella scrittura abbiamo bisogno, e nostalgia.