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Infuria il dibattito sulla realtà e il postmoderno. Per la loro migliore comprensione, si offre qui una breve storia del processo di perdita della realtà, a partire dai primi decenni del XX secolo, dovuta alla massiccia profusione di immagini e apparenze da parte dei mass media: fotografia e cinema, radio, televisione, reti informatiche e PC. È quel che già Nietzsche chiama il "diventare favola" del mondo vero, e che Benjamin, Adorno, Anders, Debord, Baudrillard, Vattimo definiscono allegoria, illusione, fantasma, spettacolo, simulazione, interpretazione. Che il Novecento sia il secolo dello scacco alla realtà imposto dalla derealizzazione mediatica è chiaro, ma diversi sono gli atteggiamenti e le strategie che ciascuno propone di adottare: c'è chi lo considera una iattura da combattere, chi invece lo ritiene una chance di emancipazione. Benjamin parla di risveglio, Adorno di alienazione; Baudrillard di terrore, Vattimo di libertà. Ma la vera questione è quella pratica, qui affrontata nella prospettiva di una estetica della derealizzazione, che si muove nel tentativo di coniugare apertura estetica verso le apparenze e capacità etica di governare le apparenze stesse.