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Ivan Illich (1926-2002), prete cattolico che rinunciò all'esercizio pubblico del sacerdozio nel 1969, dopo le censure ecclesiastiche alla sua attività di oppositore dello "sviluppo", a suo avviso esportato nei paesi "terzi" come forma più raffinata e distruttiva di colonialismo, fu negli anni Settanta uno dei maestri della contestazione mondiale contro le società industriali, i loro stili di vita, le forme del consumo, gli apparati di servizi. Divenne nel seguito un acuto studioso degli sconvolgimenti prodotti dallo sviluppo tecnologico nell'esperienza e coscienza umane in età moderna e contemporanea. In questo testo, che è parte della sua estrema autotestimonianza, Illich compie la parabola del proprio pensiero indicando nel cristianesimo, ossia in una interpretazione riduttrice e corruttrice della libertà annunciata dal Vangelo come amministrata dalla Chiesa nella sua millenaria evoluzione, l'origine di una alienazione dell'esistenza umana individuale e collettiva, giunta oggi alle soglie di un necessario, apocalittico ribaltamento.