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Se è vero ciò che Iosif Brodskij ripeteva ai suoi studenti e cioè che l'esperienza precede sempre l'articolazione verbale, allora Paolo Rosselli ha fatto sua questa massima alla lettera, declinandola però in fotografia. Dopo aver abbandonato cavalletto e banco ottico, Rosselli si è lasciato guidare dalla tecnica digitale quasi ad occhi chiusi per poi ricostruire a posteriori il senso fotografico delle proprie esperienze visive, come se fosse un pittore. È infatti questa la grande libertà che offre la fotografia digitale: vedere e registrare ciò che l'occhio normalmente non vede secondo configurazioni del tutto inattese. Città del Messico, l'India, Tokyo, l'Africa sono solo alcuni dei banchi di prova che Rosselli descrive - verrebbe da dire, dipinge - e che ci restituisce con una fredda analisi in questo piccolo e prezioso zibaldone illustrato dove esperienza e riflessione, più che teoria e pratica, si saldano nell'alveo di una netta astrazione concettuale. Chiude il libro un «ricordo al futuro» del grande fotografo Ugo Mulas, presso il cui studio Rosselli si è formato all'inizio degli anni Settanta, che più che un ritratto è un gioco di riflessi, un'interazione dialettica fra passato e presente priva di qualsiasi nostalgia.