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"A questo libro è toccata la sorte singolare di essere insieme l'opera prima e l'ultimo lavoro di Gianni Carchia. Nella primavera del 1999, poco prima dell'aggravarsi della malattia che doveva condurlo alla morte, Carchia riprende in mano e trasforma la tesi di laurea, discussa nel 1971 all'Università di Torino col titolo 'Verità e linguaggio nel giovane Benjamin' dallo studente ventiquattrenne che già mostrava nello stile insieme nervoso e apodittico i tratti sicuri del maestro e, licenziandola col titolo 'Nome e immagine' ne fa in qualche modo il suo testamento. Inizio e fine sembrano qui, infatti, secondo un gesto autenticamente filosofico, davvero congiungersi, come se, con una sorprendente inversione, i motivi dell'ultimo pensiero di Carchia (la concezione della filosofia come evento e testimonianza, la critica del metodo, l'elaborazione messianica della fine) incontrassero per la prima volta la loro eco nella tesi giovanile. La fisionomia di Benjamin, con cui il libro si apre, è, in questo senso, un ritratto dell'autore, che ci appare sempre più come una delle voci più giuste nella filosofia italiana del Novecento." (G. Agamben)