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Una tavola dei primi anni venti del XV secolo raffigurante la Madonna allattante il Bambino fra san Giovanni Battista, san Pietro, san Paolo e sant'Antonio abate ci restituisce la misura di un maestro senese capace di recuperare il prestigio antico della crisografia bizantina, riversandolo in un'opera di grande e sperimentale poesia: Gregorio di Cecco di Luca, pittore raro e squisito, morto giovane nel 1424. Socio di Taddeo di Bartolo nella policromia del polittico della Madonna del Magnificat di Sant'Agostino a Siena, già iscritto col nome di entrambi, si affermò nella sua opera principale: il polittico per l'altare della Visitazione nel transetto destro del Duomo di Siena, finito nel 1423. Nel volume Andrea De Marchi sconfessa l'appartenenza della tavola all'ambiente genovese - influenzato da Barnaba da Modena - per riconsegnarla al suo autore, trovando in quest'opera di Gregorio di Cecco il discrimine tra il debito verso il magistero di Taddeo di Bartolo e uno stile personalissimo. La delicatezza di Gregorio di Cecco, infatti, sfuma i caratteri di asprezza del maestro, cercando di conferire maggiore leggerezza alle forme attraverso una pittura dai delicati impasti cromatici. I personaggi severi che caratterizzano i dipinti di Taddeo, sono sostituiti da figure dal chiaroscuro più soffice, dove più sottile è l'indagine psicologica.