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È l'agosto del 1986 e all'aeroporto di Bucarest un drappello di lontani parenti, profittatori e scagnozzi del regime di Ceausescu,attende, con i vestiti buoni e un'ossessiva curiosità, l'arrivo di Traian Manu. Fuggito dalla Romania quarantanni prima, l'esule è ora cittadino italiano e professore di biologia, ed è stato invitato nel suo ex paese con il pretesto di una serie di conferenze, in realtà per essere spiato dal regime. Traian ama l'Odissea, che recita a memoria, ma diffida della sua Itaca, di cui conosce i vizi e intuisce i pericoli. Sballottato tra agenti e burocrati dell'apparato, cugini che fanno il doppio gioco, adulatori e conoscenti in coda per un aiuto dal mondo di "Fuori", Traian lo "straniero" non capisce più niente del paese dove è nato, della situazione che lo circonda e del senso del suo viaggio. E le uniche due persone che vorrebbe ancora rivedere non possono in realtà abitare che i suoi incubi o i suoi sogni. Con un senso gogoliano e irriverente della deformazione, la narratrice scava nelle miserie e nelle illusioni dei suoi personaggi e costruisce l'immagine di un mondo che gira a vuoto, fra ricerche intrecciate e tutte fallite.