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È possibile identificare nella pratica del cinema qualcosa di analogo a ciò che, in "Il teatro e il suo doppio" e in altri scritti, Antonin Artaud teorizzava come "teatro della Crudeltà"? E come si trasforma la Crudeltà nel momento in cui i corpi, presenti sulla scena teatrale, si trasfigurano sullo schermo, acquistando lo statuto di ombre? "L'immagine estrema" cerca di rispondere a queste domande, nell'ipotesi che la Crudeltà, così come Artaud la teorizzava, non vada intesa tanto come sadismo, versamenti di sangue, stupri e torture, quanto come implacabile rigore e lucida coscienza; ma anche ipotizzando che esista sempre un versante fisico in ogni pratica filmica, che si riverbera sui corpi, rendendoli per paradosso più reali.