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Nello sviscerare le tappe del dramma antropologico, Ernesto de Martino, etnologo, antropologo, storico delle religioni, si serve di uno schema concettuale che prevede la dialettica presenza-crisiriscatto. La presenza, l'essere nel mondo, sembra in ogni tempo essere attraversata dalla crisi; la crisi è evento perturbante, cambiamento, trasformazione che per certi versi mette in questione l'ordine costituito, il già difficile e precario equilibrio che l'esserci forgia nel corso della sua storia, per rendere il mondo un posto abitabile e pregno di valori condivisi. La crisi, secondo de Martino è rischio costante di non esserci in nessuna storia possibile. Tuttavia in quanto istanza di mutamento essa sembra in qualche modo prevedere anche il momento redentivo, il riscatto, che avviene attraverso la produzione di simboli. Il segno dunque, di qualunque matrice esso sia, costituisce in ogni storia possibile il talismano che l'anthropos di volta in volta va forgiando per superare i momenti difficili, nei quali più forte è l'angoscia della storia. La dialettica utilizzata da de Martino per scandagliare il regno dell'umano pare essere adeguata alla descrizione della vita tout court.