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La poesia di Walter Chiappelli si colloca in modo eccentrico rispetto alla produzione letteraria contemporanea e non solo per la novità dell'impasto linguistico, sebbene, nel suo caso, non si possa parlare di ricerca sperimentale, quanto, piuttosto, di una pulsione verbale di origine emozionale. Bisogna, infatti, tenere anche conto di quel qualcosa di eccedente nella dimensione interiore dell'autore, così prossimo all'ardore di un mistico, che, mentre mira a un'assolutezza incandescente, guarda le cose del mondo con quella concreta e ferma, a volte quasi feroce, sensibilità morale che distingue nettamente il bene dal male. Tra dolente consapevolezza, ironia, sdegno, Chiappelli mette a nudo l'erranza di un processo conoscitivo che, separato dalla presenza del mistero, non riesce a leggere il senso segreto degli eventi. Per il poeta, di fatto, non esiste apprendimento del mondo che non sia stupore di fronte al bello, riconoscimento dell'impronta divina in ogni creatura vivente e negli stessi sentimenti buoni e nobili dell'uomo, finanche nell'eros se motivato da slancio autentico verso quel tempio di carne-spirito che è il corpo dell'amato/a e non solo.