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Perché in Brasile il calcio è considerato un'arte? Il modo in cui ai tropici si gioca a pallone ha a che fare soltanto con la samba e con la capoeira? Per quale motivo, poi, si ritiene che questo stile rispecchi l'identità dei brasiliani? E perché il vecchio calcio all'italiana, il cosiddetto "catenaccio", tutto difesa e contropiede, ne rappresenta l'estremo opposto? Quali filosofie, di gioco e di vita, si celano dietro tale tattica? Che cosa c'entra l'"arte di arrangiarsi" con Paolo Rossi, Cannavaro e i mondiali vinti dall'Italia nel 1982 e nel 2006? E che voleva dire Pasolini quando diceva che gli italiani giocano "in prosa" e i brasiliani "in poesia"? Oggetto di questo libro sono i rapporti tra calcio, identità e cultura in due paesi storicamente rivali sul terreno di gioco: Brasile e Italia. Attraverso una retrospettiva di ampio respiro, in cui l'analisi semiotica della pratica e del discorso calcistico dialoga con quella di altri discorsi sociali, come quello politico e mediatico, l'opera mostra come il calcio sia divenuto, nel corso dell'ultimo secolo, un attore di primo piano nel processo di costruzione e messa in scena di entrambi i caratteri nazionali.