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Se ne parla pochissimo, eppure il fenomeno dell'accaparramento di terra (land grabbing) e della conseguente appropriazione delle risorse sottostanti (soprattutto idriche) nei paesi in via di sviluppo da parte di investitori rappresenta uno dei maggiori business a livello globale, con esiti negativi e allarmanti per le popolazioni locali (come emigrazione forzata, scarsità di cibo e acqua, ingerenza di Stati esteri). Quali le cause e quali gli effetti, ipotizzabili, nei prossimi decenni? Quali le logiche che ispirano il fenomeno, e quali i rischi connessi ad aree come quelle africane, principali destinatarie delle attenzioni degli investitori? Quali gli atteggiamenti e, spesso, le "miopie interessate" delle leadership dei grandi paesi importatori e investitori? Quali gli impatti in regioni devastate da guerre, conflitti etnici e terrorismo, spesso vessate da cicliche carestie e insufficienza alimentare per le popolazioni indigene? A tali domande risponde la prima organica ricerca italiana che raccoglie i pochi dati ufficiali esistenti, che rendono evidente un quadro su cui le autorità nazionali e le agenzie internazionali non possono più tacere.