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Tafari non ricorda il suo cognome. È solo un barbone alcolizzato, etiope e ultraquaratenne, che vive alla meno peggio a Roma, elemosinando per avere pochi spiccioli per comprare vino in cartone per restare costantemente fra l'ubriacatura vera e la pura confusione alcolica che non gli fa ricordare niente di ciò che era; ricorda solo la sua lingua, l'Amhara. L'unica persona con cui ha un rapporto umano è Eurosia, una volontaria della mensa della Caritas dove Tafari consuma il suo unico pasto quotidiano. Tutto cambia quando Tafari, non visto, assiste all'omicidio di Eurosia.