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In Attenti al cane la scrittura di Eva Redondo indaga una cruda realtà: le varie forme di violenza che si esercitano sulle donne indipendentemente dalla loro nazionalità, classe sociale o stato civile, un dato difficile da assumere. Una violenza culturale, sistematica, assunta come normale che la drammaturga focalizza su quegli aspetti di noi stessi che ci possono far diventare potenziali molestatori, stupratori, o renderci attori inerti che tale violenza consentono. Un'opera che fugge da un'interpretazione semplice e da uno spettatore passivo, che Redondo tende ad escludere: "Dal pubblico mi aspetto quello che aspetto da me stessa quando scrivo una pièce. Mi aspetto che si senta testimone e complice di ciò che succede in scena".