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Frutto di un travagliato processo creativo, "J'attendrai" nasce dall'imperativo morale di una memoria che non è la propria e che tuttavia esige di essere detta, di trovare un luogo in cui propagarsi e proiettarsi sul nostro tempo. Nonostante le evidenti tracce autobiografiche presenti nel testo, che assumono la forma dell'autofiction, quest'opera ha origine da un vuoto, da un'eredità errante o, se vogliamo, latente. Dall'incapacità e, forse, dall'impossibilità di accedere ad un passato traumatico vissuto dall'altro da sé. In "J'attendrai" l'autore (la sua proiezione autofinzionale) si fa portavoce di un mandato etico che nasce dall'esperienza personale, non già dai fatti, bensì del possibile oblio dei fatti, perché tutti, in qualche modo, rischiamo di dimenticare e di cedere alle barbarie.