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Per la tradizione popolare è "colui che non si deve nominare", perché, ogni volta che lo si nomina si avvicina di sette passi e, trattandosi del diavolo in persona, è meglio tenerlo alla larga! Eppure, il diavolo, entità malvagia personificata, dai cento nomi diversi, assume spesso un ruolo di protagonista nelle leggende alpine, dandosi un gran da fare nel tentare santi, costruire ponti o provare a distruggere villaggi, nascondere favolosi tesori e cercare di irretire ignari montanari per aumentare il numero di anime nell'inferno. Dalla metà del XX secolo in poi, le leggende riguardanti il diavolo hanno un rapido declino e oggi, il diavolo raccontato nel panorama leggendario alpino, non c'è più; ma di fronte a molte vicende, narrate dalle cronache, ci si può legittimamente chiedere se il maligno non abbia piuttosto solo cambiato abitudini, tornando a presentarsi nel mondo, non più come distinto forestiero, tradito solo dallo spuntare della coda e dal piede caprino, bensì come subdola entità spirituale malvagia e distruttrice.