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Nel torrido agosto 2010, in una villa affacciata sul lago di Lugano, viene rinvenuto il cadavere di una giovane donna con un'autoreggente stretta attorno al collo. A indagare sulla sua morte sarà il maresciallo dei carabinieri di Porlezza, Italo Monterosso, un genovese quarantenne in piena crisi di mezza età, braccato da una nostalgia che si ostina a riportare a galla frammenti di un passato smarrito tra i carruggi. Sotto il segno di una canzone di Ivan Graziani e un appunto kafkiano, Monterosso si muove in un microcosmo chiuso al confine tra l'Italia e la Svizzera, dove montanari di poche parole, famiglie dilaniate da assopiti rancori e adolescenti fragili ma con un cinismo da adulti gli riveleranno una verità inattesa, il gesto estremo di chi ormai non ha più nulla da perdere.