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Il barone Michele Catalano vive a Cammarana nella seconda metà del settecento ed è uno dei più importanti e facoltosi proprietari terrieri della zona. Egli ha ereditato dal padre il feudo e, con una amministrazione intelligente, lo ha ampliato notevolmente, fino a farlo diventare una potenza economica. Solo un altro nobiluomo rivaleggia con lui: il principe abate don Giacomo Paterno, rettore del monastero di San Marco. Le due figure, essendo diametralmente diverse, si fronteggiano. Il barone Catalano è diventato uno degli uomini più ricchi e potenti dell'intera Sicilia ma è comunque un idealista, sensibile alla sorte dei più deboli. L'altro è il rappresentante delle idee più conservatrici e fa del cinismo e della cattiveria l'arma principale del suo potere. Il barone ha in testa idee strampalate, vuole addirittura coinvolgere i contadini della contrada "Culorva" in un esperimento di partecipazione alla gestione delle terre. Lo scontro tra i due è inevitabile e si acuisce ancora di più quando la contessina Isabella Cascio conosce il barone Michele e se ne innamora. Nel quadro di una Sicilia antica, il romanzo scandaglia personaggi e vicende che sono antesignane di scontri interiori e pubblici che riportano alle eterne vicende dell'uomo e dei suoi conflitti.