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"Mi scorrono davanti agli occhi in un baleno tutte le immagini più crude e più morbide di quest'avventura, confuse per sensibilità con tutti i cromatismi di cui ancora mi dolgono gli occhi e di tutti gli odori e del suono dei venti, delle brezze, dei respiri stessi dell'aria di cui ora conosco i segreti e le voci. A occhi aperti rivedo... la folla rumorosa che fluttua come un'onda che si rompe sui marciapiedi e straripa dappertutto... la moltitudine di mendicanti e di ciechi dalle orbite cave come nidi abbandonati, di storpi contorti in posture impossibili, di bambini nudi dagli occhi bianchi e dai ventri ingrossati... i labirinti intricati di Fatehpur Sikri e le grate jali dietro le quali si snodano i corridoi che le ancelle percorrevano all'alba per svegliare il signore al nuovo giorno con il suono del loro sorriso e quello dei campanelli d'argento alle caviglie e ai polsi... il Taj Mahal, leggero come un batuffolo di vapore turchino sospeso nell'aria... Varanasi dove capisci il senso della rinuncia alla vita di chi deliberatamente qui se ne viene a morire nei dharamsala, i cimiteri per chi è ancora provvisoriamente vivo, avvolto nei suoi stracci che sono già un sudario... i dom sul Manikarnika Ghat che, senza dar tempo al fuoco di consumare il cadavere, ne raccolgono le ceneri con residui di carbone e schegge di ossa e brandelli di carne annerita e dita e frammenti di stoffa e spargono tutto sull'acqua nera, perché non si può indugiare... ".