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Levison, una laurea in lettere appesa alla parete, ha già cambiato 42 lavori, risposto ad annunci fasulli, affrontato colloqui grotteschi, digerito ingiustizie e miseri assegni mensili. Senza arrendersi. Sfilettatore di pesce, barman, runner per il cinema, conducente di autocisterne, imbianchino, cuoco, informatico, assistente di un mercante d'arte, traslocatore e, infine, pescatore e confezionatore di gamberi in Alaska. È proprio in questo diafano luogo, punto di arrivo di una marginalità geografica e sociale, che "Ammazzarsi per sopravvivere" raggiunge punte massime di lirismo e disillusione. Levison descrive condizioni di lavoro spesso disumane con pungente ironia, che a volte si trasforma in rabbia, per lo sfruttamento dei lavoratori, per l'inutilità del suo titolo di studio e, non meno frequentemente, in tenerezza per le persone con cui viene a contatto. In viaggio per mezza America l'autore scopre il volto oscuro e debole della società americana e reinventa un "manifesto dei lavoratori" nell'era della globalizzazione.