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Il poeta che qui leggete, e che cammina per le vie del mondo sotto il nome di Silvio Aman, sa bene - come sa bene anche il lettore avveduto - che non si scrive per parlare di sé, semmai per dar vita a parole calde come i fili di paglia di un nido, severe come i legni di una casa custodita dal tempo. Come un acquarellista sublime, intento a salvare nei suoi piccoli e cerimoniosi quadri le minime cose della vita, il loro simbolismo più segreto, e sia pure intinto di un'angoscia da cui neanche la più luminosa e più pura bellezza ci può preservare, anche Aman tenterà dunque - in virtù di "un lavoro lungo e quieto" - di dipingere i suoi "mobili in ciliegio,/ I vasi colmi d'acqua con le dalie,/ I piatti azzurri appesi/ E dentro l'aria argentea, l'ombra" (Aliénor).