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«E non si sa a chi chiedere è un titolo ironico che vorrebbe tirare le somme più che sui dolori sulle "incertezze" di cui consiste il nostro male di vivere. Ma chiamo in causa la nostra mai spenta gioia di guardare il mondo insieme con gli altri, i "cari altri", e di cercare di capirlo, anche se nulla è come credevamo. Ne viene una sorta di diario postmoderno. Perché in versi? Forse perché il verso risponde alla nostra residua sete di trascendenza. I poeti italiani che amo: Saba e Penna, Caproni e Giudici, fra loro così diversi».