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L'anno paolino appena concluso offre l'occasione per tornare a riflettere su uno dei pilastri della civiltà, sul quale si sono fondati edifici di pensiero poderosi per vastità e durata, capaci di ricomporre in equilibrio armonico le spinte e controspinte più disparate, concernenti discipline e ambiti di interesse assai diversi. Sul versante letterario, è importante rilevare la portata delle disseminazioni e degli affioramenti, impliciti ed espliciti, del magistero di san Paolo, almeno attraverso alcune voci della tradizione tra le più alte di ogni tempo, quella appunto italiana. Di qui la possibilità di accostare trasversalmente voci di secoli diversi accomunate, quasi in una sorta di dialogo a distanza, dalla condivisione di un medesimo stigma paolino: l'edificio della salvezza - presentato attraverso gli scrittori di ogni tempo - risulta così poggiare sulle fondamenta delle virtù teologali e di una professio fidei testimoniata nelle opere (Dante e Manzoni) e ardente di carità (Caterina da Siena e Vittoria Colonna). Tale edificio si rivela via via cadenzato dagli elementi architettonici dell'attesa e della gioia, con la sua forza inclusiva e trasfigurante (Petrarca e Sereni), su cui pure si proiettano le ombre dell'assenza e del dubbio, non prive di energia propositiva (Leopardi e Montale), destinate tuttavia a dissolversi nella potenza innovatrice del divino che salva (Péguy, Luzi e Betocchi).