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Poesie che nascono da parole che parlano, non analizzano, non descrivono, non inventano, trovano: voci sparse rimaste prigioniere negli interstizi, negli intarsi, nei silenzi, negli abbandoni, nelle distrazioni, nelle rimozioni, nelle timidezze, nei taceri, dove il trascendersi dalla propria parola e dalla parola impropria incontra il 'forse' ed il 'certo' del voler dire dell'altro. Pure ne cenno, nell'accenno, nello sguardo, nel volo, nella testa china, nel ginocchio genuflesso, nelle labbra che si stringono insieme, nelle mani che accendono, aprono, sfogliano, carezzano, liberano, modulano, toccano, palpano, la parola poetica è scandaglio ed incontro di parole in "affioro". La parola è bruciore che salpa verso l'appena del iorno, in ogni poesia qui raccolta, senza pretesa di farsi giorno, di aggiornare, di essere luce diurna: solo miraggio non affrettato di brace, in risposta alla sconoscenza d'un richiamo in cammino.