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In società caratterizzate da un disaccordo sulle questioni di giustizia e in cui crescono il pluralismo e le diversità culturali, la legittimità di uno stato democratico liberale sembra dipendere dalla sua capacità di saper offrire giustificazioni dell'esercizio dell'autorità politica coercitiva che tutti i cittadini sarebbero disposti ad accettare, date le loro reali differenze. Per questo l'idea che debba esserci una distinzione tra ragioni pubbliche condivise ed altri tipi di considerazioni e argomentazioni, che non possono e non devono valere nella giustificazione pubblica di decisioni su questioni di giustizia, sembra ovvia e tuttavia non può essere data per scontata ma deve essere specificata in modo da poter effettivamente garantire ciò che promette. Se da un lato infatti sembra necessario porre dei requisiti al ragionamento politico pubblico, dall'altro questi vincoli non devono finire per costituire degli ostacoli alla libera partecipazione alla discussione democratica e produrre in questo modo solamente giustificazioni settarie. Un'analisi della giustificazione pubblica non ha perciò soltanto una rilevanza teorica ma ci costringe ad affrontare questioni legate ad una pratica effettiva del dare ragioni che coinvolge quotidianamente cittadini e istituzioni.