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De omnibus dubitandum est. È questo un lato del filosofare di Alberto Caracciolo (1918-1990) che mi colpì profondamente e che, sebbene fosse sovrastato da una fiducia di fondo sempre vittoriosa, non può essere ignorato senza smarrire la complessità ed il tormento di questo pensatore. E un aspetto che lega il suo filosofare alla modernità e che si sposa bene con la convinzione sua, mutuata da Socrate e da Lessing, che non il possesso ma la ricerca del vero definisca la natura della filosofia, almeno di quella che, seguendo coerentemente il solco tracciato dal criticismo di Kant, mantenendo la distinzione del fenomeno dalla cosa in sé, comprende di non potersi svolgere nella forma di un rammodernato sapere metafisico, sì invece in quella di un interrogare radicale che nasce dall'esperienza tragica della sofferenza e del male e che serba, nell'epoca storica del compiuto nichilismo, un suo peculiare riferimento al cosmo e alla Trascendenza.