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"Non serve vivere per loro, morire per loro. Dicono: è un ebreo". Questo scriveva, nella prima metà del XX secolo, Jakob Wassermann, uno dei più affermati scrittori di lingua tedesca, nel saggio autobiografico "Mein Weg als Deutscher und Jude. Era tedesco, era ebreo, "l'una cosa in modo intenso e completo come l'altra, l'una inscindibile dall'altra". Ma nel mondo in cui viveva essere l'uno e l'altro insieme gli era interdetto. "È come se solo presso i morti si potesse trovare giustizia dai vivi. Perché ciò che questi fanno è assolutamente intollerabile". Un libro di accusa radicale, pubblicato per la prima volta nel 1921, dodici anni prima che in Germania i nazisti prendessero il potere e con ciò iniziasse lo sterminio degli ebrei d'Europa.